venerdì 19 aprile 2013

LA MORTE È MARCIA



Infester – To The Depths... In Degradation
 
Qual è il disco di musica estrema più cattivo che avete mai sentito? 

Pensateci un attimo.

Adesso dimenticatevene completamente, perchè nessuno riuscirà mai a tirare fuori un prodotto così tremendo e intriso di liquame malvagio come gli Infester nel lontano 1994. Il loro To The Depths... In Degradation è ufficialmente uno dei dischi più angoscianti della storia, accusati di qualsiasi tipo di crimine contro l’umanità, gli Infester hanno riversato in cinquanta minuti tutto l’odio possibile verso la vita. Se devo proprio dirlo probabilmente questo è l’unico vero disco death metal che sia mai stato scritto, se vogliamo prendere il termine alla lettera senza pensare ai birraioli simpaticoni e bontemponi che poi si celano dietro le facce da duro sulle copertine e sul palco. No, gli Infester sono l’assoluta essenza del genere, un tornado di morte soffocata che  vi travolgerà e vi porterà giù negli abissi, vi farà vedere l’assoluta verità riguardo alla fine di tutto. 

Luci spente e mari di sangue.

Le dieci tracce del CD sono tutto meno quello che vi potreste aspettare: le composizioni hanno strutture estreme che rimandano al prog, sono tutte dei piccoli racconti di desolazione depressiva. I pezzi non si articolano in strofe e ritornelli, portando l’ascoltatore sulla strada dritta per la follia. Si passa da tracce più lente come “Braded Into Palsy” a episodi più veloci come “Epicurean Entrails”, le chitarre cavernose si esibiscono in tremoli vertiginosi e in ritmiche più tecniche, andando su passaggi lenti dove ogni tanto vengono accompagnate da oscure tastiere; la sezione ritmica segue tutto con cerimoniale precisione mentre la voce esprime il malessere attraverso un ruggito quasi lamentoso che spesso raggiunge tonalità più alte e perfide, sicuramente una delle voci più devastanti della storia del death, insieme a quella di Luc Lemay dei Gorguts. Ascoltate “A Viscidy Slippery Secretion”, titolo azzeccatissimo per uno dei pezzi più melmosi della storia, il tutto procede su ritmi che non si spingono mai troppo oltre determinate velocità, tenendo sempre l’ascoltatore nel fango. Per farvi capire la follia degli Infester, su “A Higher Art of Immutable Beauty” c’è uno stacco fatto solo con un tremendo feedback degli strumenti e la voce, per poi andare su una parte di tastiere che quasi ricorda le colonne sonore dei film di John Carpenter, il tutto coronato da un riffone che potrebbe essere quasi ricordare il brutal moderno, ma estremamente più diabolico. Dietro questo disco c’è una capacità musicale e compositiva davvero altissima, l’atmosfera e i pezzi tengono anche se arrivano ai sei minuti, vi troverete alla fine del disco completamente ipnotizzati, tanto che dopo vi sfido a non mettere su qualsiasi altro CD che non sia metal. 

Complice di questo massacro della speranza è la produzione che è di quanto più marcio si possa ascoltare. Ovviamente molti storceranno il naso di fronte ai suoni, ma francamente se questo disco fosse stato fatto in questo periodo con i suoni moderni, non sarebbe stato così incredibilmente evocativo.

To The Depths... In Degradation vi affogherà fino alla gola in una palude nera, circondata dal sangue e da tutte le vostre paure più nascoste. Non esiste un altro disco di simile malignità, persino Vexovoid dei Portal e Si Monumentum Requires Circumspice dei Deathspell Omega, sebbene siano due dischi davvero intrisi di tutto ciò che è negativo, non riescono a scalfire neanche un minimo la superfice nera, squamosa, deprimente e ovviamente degradante che hanno creato gli Infester con questo lavoro. 

Voto:

10 più la morte

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