lunedì 11 marzo 2013

INTERSVISTA: NERO DI MARTE



1. Ciao ragazzi, vi do il benvenuto in questa landa desolata e disordinata che è Denti di Metallo, attenti a dove mettete i piedi che ho delle tigri dai denti a sciabola al posto dei gatti di polvere. Mi spieghereste il motivo del cambio di nome della band e il significato che porta? 

F: Ciao! Temiamo di più i gatti di marmo, in ogni caso “Nero di Marte” è il nome di un colore, più esattamente di un pigmento, una polvere ottenuta da ossidi di ferro calcinati. Tutti i colori definiti “di Marte”, seppur opachi, hanno una tinta molto forte, intensa ed in moltissime combinazioni e miscele riescono ad alterare profondamente gli altri colori con i quali entrano in contatto. Volevamo un nome nel quale far convergere tutte le nostre idee musicali, presenti e future, e lo volevamo nella nostra lingua. Musica e pittura sono terribili sorelle. Spesso ognuna parla con il linguaggio e l'aspetto dell'altra.

2. Ho notato che sebbene il nome della band sia italiano, avete preferito l’inglese per nominare le tracce e per la maggior parte dei testi. Come mai? 

F: le tracce di “Nero di Marte” sono state ultimate e registrate tempo prima del cambio di nome della band. In ogni caso già in “Molochian”, pubblicato con il monicker Murder Therapy, c'era una traccia in italiano (Di Luci e Negazioni per l'esattezza), altre verranno in futuro. Nei nuovi brani ci sono anche testi in italiano. Questo ibrido ha un equilibrio che ci piace molto.

3. Come avete creato il disco? Voglio dire, chi di voi ha ancora nell’armadio la camicia di forza dei tempi del manicomio? Dai su, a me lo potete dire. 

F: Non c'è trama che non possa essere scomposta nelle sue più piccole parti. Il fautore può, se lo desidera, cercare di mascherare questo processo. Così come, in questo caso, l'ascoltatore può progressivamente svelarlo. Quindi, come per tutto, il disco è stato “creato” un po' alla volta, partendo da Convergence, scritta molto tempo fa e già suonata dal vivo dalla formazione del 2009/2010, fino a giungere a Times Dissolves, composta poco prima della registrazione dell'album. La gestazione è stata lunga, per tanti motivi. Il processo però sempre lo stesso: uno di noi ha un'idea, un riff, una struttura, frasi più o meno lunghe, che poi vengono sviluppate, arrangiate, smontate e riassemblate fino a ciò che in quel momento sembra la forma definitiva, anche in relazione ai brani già scritti. Questo processo è ora divenuto molto più veloce, ma alla fine del 2010 era ancora nella sua fase sperimentale. Ciò però ha fatto sì che i brani sopravvivessero ad una selezione lunga... e forse proprio per questo suoneranno più longevi.
4. Impossibile non sentire le influenze degli Ulcerate e qualcosa dei Gojira, chi altri sono i vostri maestri spirituali?
F: Nessuno in particolare direi. Ognuno di noi ha avuto il suo percorso musicale diverso, ma abbiamo sicuramente, parlando di band, dei punti di incontro e di riferimento. Oltre ai gruppi che hai citato direi Gorguts, Isis, Zu, Meshuggah, Tool, Mastodon, Pink Floyd, Dillinger Escape Plan. Forse su tutti i King Crimson. Nessuna band è riuscita fin ora, a mio avviso, a produrre così tante metamorfosi mantenendo un'identità e una profondità musicale così profonde. Mantenendo sempre lo strumento, la musica, al centro, senza mai renderla arida. Esplorando, provando, modificando, percorrendo i suoni dei vari decenni e facendoli propri in maniera eccezionale. Forse loro sono davvero dei “maestri spirituali”.  

5. Pensate di evolvere il suono ulteriormente, o per sentite di dover sperimentare ancora su questi territori post-metal?

F: Di certo il prossimo album suonerà ancora diverso, mantenendo sempre quel tratto che sono sicuro ci caratterizza come band. Posso dirti che abbiamo già ultimato il successore di “Nero di Marte” e, seppur ne parleremo in dettaglio in futuro, molti nuovi elementi si sono fatti spazio nei brani: suoni diversi, maggiore dinamica, nuove voci e atmosfere. Più che evolversi, quel quid cerca e chiede di manifestarsi in modi sempre diversi senza perdere la sua natura più profonda. Quale poi essa sia è impossibile definirlo, ma la avverto in tutta la nostra musica.

6. Non ho potuto fare a meno di notare, come per l’EP Moloch, una certa ispirazione al compositore italiano Giacinto Scelsi. Ci sono anche altre influenze non necessariamente metal che vi hanno aiutato a creare la vostra musica? 

F: Sono davvero contento che tu abbia percepito questa caratteristica, Scelsi ha scritto parte della musica che trovo più vicina all'origine della vibrazione, dell'oscillazione e della tensione del suono stesso. Seppur queste caratteristiche si possano riscontrare in tantissima stupenda musica contemporanea, in lui tutto assume un aspetto tremendamente ritualistico, evocativo, assoluto. La sua influenza, come quella di tanti altri compositori contemporanei, sarà forse più evidente nelle nostre future pubblicazioni. E' difficile rispondere alla tua domanda, è un discorso così ampio, e diverso per ognuno di noi. Ciò che forse però a livello di band ci ha influenzato di più, in maniera non sempre del tutto razionale, è la liberazione delle forme di espressione che caratterizza buona parte di quella che viene definita “musica contemporanea” e alcune band progressive dei decenni passati. 

7. Non ci sono molte band che si cimentano in questo stile, secondo voi a cosa è dovuto?

F: Domanda un po' rischiosa... non saprei. Ogni band dovrebbe riuscire a trovare nel tempo il proprio stile, la propria voce. 

8. Cosa ne pensate della scena italiana? 

F: Probabilmente ti riferisci alla scena metal, ma portando il discorso su un altro piano direi che in generale in Italia la musica “underground” è costretta a faticare di più per avere spazi e risorse rispetto ad altre nazioni europee. Per tantissimi motivi, forse grossolanamente riassumibili in un discorso culturale diffuso e nella destinazione delle risorse economiche. A ciò aggiungo una troppo netta separazione dei generi musicali e dei loro relativi ambienti, quasi classisti, caratteristica questa presente non solo nel nostro paese. Tornando quindi alla tua domanda, penso che la scena musicale italiana in genere, dalla classica al jazz al metal e passando per ogni altra forma, seppur ricca di persone e progetti interessanti, non possa esprimersi sempre al meglio a causa delle suddette condizioni.

9. E di quella bolognese?

F: Un po' assopita negli ultime due anni ma avviata verso una ripresa. La musica in genere a Bologna, seppur fortemente radicata nella tradizione della città, è estremamente legata ai luoghi dove poterla suonare ed ascoltare e questi si sono drasticamente ridotti dal 2011 in poi oppure hanno rallentato la loro attività per motivi economici. Come ti dicevo però, qualcosa si sta rimuovendo quest'anno. 

10. Chiudo l’intervista e vi ringrazio per la disponibilità con l’ultima domanda: i progetti per il futuro? Tour all’estero o produzione di nuova musica?

F: la produzione di nuova musica è un processo continuo e l'aspetto più radicato di questa band. Come ti dicevo prima, abbiamo praticamente ultimato il successore di “Nero di Marte” e contiamo di registrarlo entro la fine dell'anno. Ed ovviamente suonare dal vivo, cosa che stiamo già facendo. Vogliamo assolutamente partecipare ad un tour estero e stiamo lavorando in questo senso, ci auguriamo quindi che possa accadere presto. Grazie a te per l'intervista e la recensione del nostro album, a presto!

Grazie ai Nero di Marte e in particolar modo a Francesco per aver risposto con grande cura e pazienza alle domande. Ringrazio ancora S.F. per la recensione del loro ottimo disco. 


Supportate la cazzo di scena italiana e non fate i bronciosi! 

Nessun commento:

Posta un commento