lunedì 28 gennaio 2013

TERRA CHIAMA VOIVOD! CI SIETE?



Voivod – Target Earth 

I Voivod sono uno dei miei gruppi preferiti di sempre. 

Una band capace di reinventarsi e di farlo sempre in modo personale e innovativo, purtroppo condannata da una serie di sfortunati eventi tra i quali la scomparsa del chitarrista Denis "Piggy" D’Amour, uno dei più grandi musicisti della storia del metal. 

Niente cazzi e ben pochi mazzi.

Il loro ultimo disco veramente valido intitolato Voivod è stato l'ultimo con D'Amour e ha lasciato una pesante eredità sul groppone dei canadesi, andati avanti per un paio di dischi con dei vecchi riff che il chitarrista aveva registrato prima della malattia.
Katorz si è rivelato un buon prodotto, ma Infini è stato un buco nell’acqua totale.

Ripresi come sempre da un periodo difficile e reclutato l’ottimo Daniel Mograin si sono rilanciati con questo Target Earth che...

Mi dispiace davvero dirlo, ma è fiacco.       
                      
Il primo problema paradossalmente è proprio Daniel Mograin

E’ un pesce fuor d’acqua, si sente che non è abituato a scrivere riff più dritti e con del groove, le chitarre si perdono in alcune soluzioni che nel contesto Voivod sono come spalmare del burro d’arachidi su un culatello di Parma. 

Purtroppo dopo anni di sfuriate ultra-tecniche con i Gorguts, i Capharnaum e i suoi Martyr il buon Mograin si sarà abituato a scrivere robe troppo intricate e questo sicuramente non ha aiutato a trovare il giusto feeling per scrivere dei pezzi per i Voivod. Certo, l’eredità lasciatagli è bella pesante, non è mica facile scrivere come faceva D’Amour. Con questo non voglio dire che Mograin sia un incapace solamente che... Non è fatto per i Voivod, ma dopotutto nessuno è fatto per i Voivod

C'è debolezza, persino le tracce più orientate sul thrash come “Kluskap O’Kom” e “Resistance” cadono giù stanche, ben lontane dall’energia che il gruppo canadese era abituato a sprigionare. 
Anche il suono di chitarra non va bene, per niente. Troppo pulitino e precisino, i Voivod avranno pure delle influenze prog, ma il loro animo è sempre stato rozzo, togli un po’ di quello e hai tolto praticamente un buon 70% del suono della band. 

Voglio dire, qui si è ricercato un suono simile a Outer Limits (altro disco fantastico del gruppo) per fare cose un po’ alla Phobos e Negatron e un po’ alla Nothingface. 

No.

No buono. No buono per niente.

Se i pezzi più thrashoni non colpiscono, quelli lenti fanno proprio andare al sonno. Le chitarre si sprecano su giri triti e ritriti, cercando di dare quel tocco di modernità, ma fallendo nel tentativo. Le strofe sono fiacche e i ritornelli facilmente dimenticabili. 

Snake ci accompagna con la sua voce personalissima come sempre, ma o non c’ha capito un cazzo pure lui di dove avrebbe dovuto cantare, oppure ha registrato il disco senza energie, sfiancato e scocciato. Manca qualcosa, decisamente manca qualcosa. Insomma il ritornello di “Artefact” è una delle cose più noiose che ho ascoltato ultimamente e se dico così di un pezzo dei Voivod vuol dire tanto.  

Sapete chi lo tira un po’ su questo disco? La sezione ritmica. Langevin e Thériault fanno un gran lavoro, se c’è anche solo un minimo di groove nelle tracce è tutto merito loro. Strabordano e mettono pezze ovunque, davvero notevoli, sicuramente sono la parte del gruppo che ha registrato il disco con più passione, decisione e sopratutto voglia. 

La voglia. 

E’ questo che manca al disco. Mi sembra un prodotto fatto così, giusto per... Mograin non è adatto, Snake ha perso mordente e se l’unica cosa buona è la sezione ritmica allora mi sa che è ora di chiudere i battenti. 

Sono davvero dispiaciutissimo di non aver gradito questo Target Earth e non scherzo se dico che mi piange un po’ il cuore a scrivere questa recensione, ma alla fine bisogna essere onesti, questo è un prodotto mediocre. 

L’unica traccia che ho gradito e neanche troppo è stata “Mechanical Mind” e altro punto in più sono gli assoli di Mograin, sempre fantastici, ma oltre queste due cose non c’è molto altro.

Mi spiace un sacco.
 
Voto:

3 più una lacrimuccia.

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