mercoledì 27 giugno 2012

SCUOLA MEDIAORIENTALE


Myrath – Tales of the Sands


Mabool degli Orphaned Land è uno dei miei dischi preferiti di sempre. Sarà perché la cultura medio-orientale mi ha sempre affascinato, il loro passato di splendore e cultura ha sempre stuzzicato il mio immaginario sin da ragazzino, o forse sarà perché Mabool  è uno dei dischi essenziali della storia del metal degli ultimi anni. Mi ricordo che andai alla loro unica data italiana e che dal vivo spaccavano il culo, forse anche più che sul disco. Vedere otto musicisti (percussionista compreso) suonare dei pezzi non proprio facili alla perfezione e portare le stesse atmosfere esotiche del disco sul palco fu davvero una cosa rara. Ho visto pochi gruppi suonare così bene dal vivo, alla fine riuscì addirittura a farmi una foto col simpaticissimo cantante (praticamente insieme a quella con Jeff Waters e con Andy Timmons è l'unica altra foto con illustri metallari che ho), veramente un cristiano (mussulmano...?) alla mano. Con mio grande rammarico gli Orphaned Land non sono mai più riusciti a riproporre un lavoro come Mabool e sono lentamente finiti nell’oblio, anche loro schiacciati dallo sciopero dei cessi che ha liberato tanta di quella musica di merda che ha inondato la scena facendo diventare gli Orphaned Land un gruppo per i pochi metallari della media-scuola (dagli anni 90 ai primi del 2000). 

E così ogni tanto cerco invano sull’etere qualche gruppo che un po’ me li ricordi, ieri per esempio youtubbando qui e la sono incappato nei Myrath, un gruppo tunisino dalle accattivanti atmosfere medio –orientali e dalle ritmiche potenti. I signori qui si esprimono con un progressive possente che unisce all’incedere di chitarre alquanto gonfie, una voce di buonissima qualità e soprattutto stacchetti con scale medio-orientali che poi sono il punto di forza della band, oltre alle percussioni già sentite negli Orphaned Land. Con la famosa band israeliana i Myrath però non hanno poi molto da condividere, se non qualche spunto ritmico e l’inserimento di parti vocali in arabo, perché il loro progressive è molto meno complesso di quello degli Orphaned Land, non aspettatevi parti strumentali complesse o cambi di tempo improvvisi, i Myrath sono direttissimi, vanno quasi subito al punto nelle loro composizioni, molto semplici e compatte che si sviluppano sulla classica strofa e ritornello tentando di stupire più con la potenza sonora e le melodie  che con delle idee studiate a tavolino. Senza dubbio unire tastiere, chitarre potenti e tamburi di ogni sorta non è un compito facile, ma non posso proprio dire che i tizi qui mi abbiano sorpreso per i loro stacchi e le composizioni. Il punto di forza dei Myrath è sicuramente l’atmosfera che riescono a creare, ascoltando tracce come “Sour Sigh” o “Merciless Times” (che potrebbe tranquillamente essere il pezzo dell’estate metallara) si viene trasportati davvero tra le sabbie medio-orientali, tra magnifiche costruzioni e scimitarre, canzoni adatte a passare il caldo infernale di questi giorni. Vi sono anche pezzi dichiaratamente più power come “Dawn Within” o “Braving the Seas” che sebbene siano eseguiti bene, non riescono comunque a portare la stessa carica atmosferica di altre tracce, come per esempio l’ottima title track o la danzereccia “Wide Shut” che dopo un attacco molto power si evolve in un ritmo trasportante con la classica melodia orientale, mostrando come il gruppo sia riuscito in questo caso a unire molto bene i due generi.Non male anche l'episodio quasi pop "Time to Grow" che da una certa carica, sebbene sia veramente di un elementare imbarazzante. Punto a favore della band è l’ottimo insieme, tutto e al posto giusto ed è suonato a regola d’arte. Le chitarre potenti ogni tanto si esprimono in buoni assoli, la sezione ritmica da legnate invidiabili, precisa e potente allo stesso tempo e le tastiere ed il cantante portano tutto il deserto onirico che possiate immaginare. La voce infatti va da linee vocali più power a quelle arabeggianti, tenendosi su uno stile quasi alla Russel Allen (per capirci) senza troppe variazioni che si ascolta “Beyond the Stars” sembra quasi di ascoltare i Symphony X un po’ meno tecnici e forse un po’ più fantasiosi. La produzione gonfia un sacco gli strumenti, suonando ogni tanto un po’ troppo digitale, ma almeno riesce a far sentire tutto senza omettere niente, un lavoro che forse andava un attimo più smussato con suoni meno artificiosi, ma che comunque non fa male al disco.

Tutto sommato questi Myrath non sono affatto una brutta realtà, purtroppo alcune trovate forse un po’ troppo semplici penalizzano l’insieme del disco che contiene dei buoni singoli episodi, la cosa che mi ha fatto storcere un po’ il naso è che in alcune tracce l’atmosfera tende a perdersi per favorire idee progressive-power canoniche trite e ritrite. Con un po’ più di studio Tales of the Sands avrebbe potuto essere molto meglio, ma c’è tempo per i Myrath per sorprenderci.

Voto: 

6,5 più il disco dell'estate

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