Myrath –
Tales of the Sands
Mabool degli Orphaned Land è uno dei miei dischi preferiti
di sempre. Sarà perché la cultura medio-orientale mi ha sempre affascinato, il
loro passato di splendore e cultura ha sempre stuzzicato il mio immaginario sin
da ragazzino, o forse sarà perché Mabool
è uno dei dischi essenziali della storia del metal degli ultimi anni. Mi
ricordo che andai alla loro unica data italiana e che dal vivo
spaccavano il culo, forse anche più che sul disco. Vedere otto musicisti
(percussionista compreso) suonare dei pezzi non proprio facili alla perfezione
e portare le stesse atmosfere esotiche del disco sul palco fu davvero una cosa
rara. Ho visto pochi gruppi suonare così bene dal vivo, alla fine riuscì addirittura
a farmi una foto col simpaticissimo cantante (praticamente insieme a quella con Jeff Waters e con Andy Timmons è l'unica altra foto con illustri metallari che ho), veramente un cristiano (mussulmano...?) alla mano.
Con mio grande rammarico gli Orphaned Land non sono mai più riusciti a
riproporre un lavoro come Mabool e sono lentamente finiti nell’oblio, anche
loro schiacciati dallo sciopero dei cessi che ha liberato tanta di quella
musica di merda che ha inondato la scena facendo diventare gli Orphaned Land un
gruppo per i pochi metallari della media-scuola (dagli anni 90 ai primi del
2000).
E così ogni tanto cerco invano sull’etere qualche gruppo che
un po’ me li ricordi, ieri per esempio youtubbando qui e la sono incappato nei
Myrath, un gruppo tunisino dalle accattivanti atmosfere medio –orientali e
dalle ritmiche potenti. I signori qui si esprimono con un progressive possente
che unisce all’incedere di chitarre alquanto gonfie, una voce di buonissima
qualità e soprattutto stacchetti con scale medio-orientali che poi sono il
punto di forza della band, oltre alle percussioni già sentite negli Orphaned
Land. Con la famosa band israeliana i Myrath però non hanno poi molto da
condividere, se non qualche spunto ritmico e l’inserimento di parti vocali in
arabo, perché il loro progressive è molto meno complesso di quello degli
Orphaned Land, non aspettatevi parti strumentali complesse o cambi di tempo
improvvisi, i Myrath sono direttissimi, vanno quasi subito al punto nelle loro
composizioni, molto semplici e compatte che si sviluppano sulla classica strofa
e ritornello tentando di stupire più con la potenza sonora e le melodie che con delle idee studiate a tavolino. Senza
dubbio unire tastiere, chitarre potenti e tamburi di ogni sorta non è un
compito facile, ma non posso proprio dire che i tizi qui mi abbiano sorpreso
per i loro stacchi e le composizioni. Il punto di forza dei Myrath è
sicuramente l’atmosfera che riescono a creare, ascoltando tracce come “Sour
Sigh” o “Merciless Times” (che potrebbe tranquillamente essere il pezzo dell’estate
metallara) si viene trasportati davvero tra le sabbie medio-orientali, tra
magnifiche costruzioni e scimitarre, canzoni adatte a passare il caldo
infernale di questi giorni. Vi sono anche pezzi dichiaratamente più power come “Dawn
Within” o “Braving the Seas” che sebbene siano eseguiti bene, non riescono
comunque a portare la stessa carica atmosferica di altre tracce, come per
esempio l’ottima title track o la danzereccia “Wide Shut” che dopo un attacco
molto power si evolve in un ritmo trasportante con la classica melodia
orientale, mostrando come il gruppo sia riuscito in questo caso a unire molto
bene i due generi.Non male anche l'episodio quasi pop "Time to Grow" che da una certa carica, sebbene sia veramente di un elementare imbarazzante. Punto a favore della band è l’ottimo insieme, tutto e al
posto giusto ed è suonato a regola d’arte. Le chitarre potenti ogni tanto si
esprimono in buoni assoli, la sezione ritmica da legnate invidiabili, precisa e
potente allo stesso tempo e le tastiere ed il cantante portano tutto il deserto
onirico che possiate immaginare. La voce infatti va da linee vocali più power a
quelle arabeggianti, tenendosi su uno stile quasi alla Russel Allen (per
capirci) senza troppe variazioni che si ascolta “Beyond the Stars” sembra quasi
di ascoltare i Symphony X un po’ meno tecnici e forse un po’ più fantasiosi. La
produzione gonfia un sacco gli strumenti, suonando ogni tanto un po’ troppo
digitale, ma almeno riesce a far sentire tutto senza omettere niente, un lavoro
che forse andava un attimo più smussato con suoni meno artificiosi, ma che
comunque non fa male al disco.
Tutto sommato questi Myrath non sono affatto una brutta
realtà, purtroppo alcune trovate forse un po’ troppo semplici penalizzano l’insieme
del disco che contiene dei buoni singoli episodi, la cosa che mi ha fatto
storcere un po’ il naso è che in alcune tracce l’atmosfera tende a perdersi per
favorire idee progressive-power canoniche trite e ritrite. Con un po’ più di
studio Tales of the Sands avrebbe potuto essere molto meglio, ma c’è tempo per
i Myrath per sorprenderci.
Voto:
6,5 più il disco dell'estate
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