lunedì 25 giugno 2012

DIAMANTE PROGREZZO


Terminal – Tree of lie


Il prog metal è morto. Non parlo di death metal tecnico, parlo di quei pochi gruppi capaci di unire tastiere, campionamenti, chitarra, sezione ritmica e voce pulita cercando di creare buona musica e non intrugli senza capo ne coda. Dove sono finiti? I fantastici Fates Warning non ci sono più, Devin Townsend ormai è preda dei suoi stessi neurodeliri incontrollabili sui quali secondo me ci ha anche marciato un po’ troppo sopra, i Dream Theater dopo Images and Words hanno solo scorreggiato mezze produzioni poco convincenti, i Pain of Salvation sappiamo tutti che fine hanno fatto e poi vabbè, i vecchi eroi del genere ormai sono troppo vecchi per poter proporre qualcosa di anche minimamente gradevole… I Mekong Delta, i Queensryche e tutte quelle robe di Jarzombek che non sono mai riuscito ad afferrare, dove sono andati? I Symphony X? Ve li ricordate? Con il batterista che aveva il nome più azzeccato al ruolo: Jason Rullo. Senti come rulla Jason Rullo. Con un nome del genere non puoi non fare il batterista o saper fare su dei gran cannoni, sono sicuro che anche Method Man si inchinerebbe di fronte alla bravura spinellesca di Jason Rullo. Rullo di tamburi, ecco a voi Jason Rullo. Rullo Jason. Vabbè, comunque poverino ha suonato in un gruppo composto da altri tecnomostri della musica, ma che purtroppo a mio parere hanno azzeccato solo un disco, The Divine Wings of Tragedy che poi tra l’altro neanche mi fa impazzire. E poi bè… I Voivod! Il più grande gruppo metal della storia e forse l’unico vero gruppo che si poteva definire progressive metal. Gruppo marchiato dalla deperita e ridente mano della sfiga… Che perdita per la musica, davvero.
E così il progressive metal com’era inteso anche solo una decina di anni fa non esiste quasi più, se non per una stramba ondata polacca che ha steso tutti con diversi gruppi come gli incredibili Indukti, i Riverside e i più recenti Terminal dei quali mi accingo a parlare. 

I Terminal sono stati un piacevole fulmine a ciel sereno di un paio di anni fa, proponendosi come gruppo prog con composizioni accattivanti ed un’ottima tecnica strumentale alle spalle. Questi cari polacchi, popolo che alla musica pesante ha sempre dato (non mi scorderò mai le foto dei Vader nei baretti di Danzica) e che a quanto pare in un modo o nell’altro vuole continuare a dare, ci scatena addosso il potentissimo Tree of Lie. Da pezzi aggressivi come si passa a composizioni di classe in gran scioltezza, i musicisti sono capacissimi di andare da riff spaccatesta a melodie di classe con un loro stile personale e senza scopiazzare a destra e a sinistra in assenza di idee. Ovviamente le ispirazioni vengono dai gruppi sopracitati, ne è un esempio chiaro il sassofono iniziale di “Deep Inside” che ricorda quelli di “Another Day” del più famoso e strapagato gruppo niuiorchese. Ciò che più si gradisce del disco è la potenza con la quale è eseguito, le ritmiche sono rocciose e si cerca sempre più il ritmo del tecnicismo, unendo tutto questo a degli ottimi ritornelli che sono davvero difficili da dimenticare. Le prime tre tracce iniziali sono già un ottimo esempio, con “Togheter Apart” che ci mostra come il gruppo sappia passare da ritmiche potenti e allo stesso tempo studiate a un ritornello trasportante fatto di un arpeggio in chitarra pulita, per poi andare ad un attacco di doppia chitarra ed un assolo di tastiera in synth come non se ne sentivano da un bel po’. Pregiato, è l’unico termine che mi viene in mente per descrivere questa ottima traccia che mette in evidenza non solo la tecnica, ma anche le idee e soprattutto la voglia di scrivere delle canzoni e non degli abomini di note. Cito anche “Behind The Mask” dove troviamo persino elementi presi dal rap, certo non aspettatevi la metrica di Krs-One dal cantante, non è questo che colpisce del pezzo quanto la capacità di unire all’aggressività del ritmo della strofa un ritornello altrettanto potente, ma che riesce a trasportare senza contare il panteriano riffone dopo il bridge. A fare sta roba ci hanno provato anche i Daniel of Salvation e l’esperimento è fallito miseramente (“Cribcaged”… Sigh, gulp, gasp, sob!). Ottima anche la title track del disco che parte solo con la tastiera e la voce, per poi evolversi tra un ottimo assolo fusion, per poi chiudere con una parte thrash mista a dei campionamenti da atmosfera. Tutti gli strumenti del disco fanno un gran lavoro, le chitarre si propongono in ottimi riff e altrettanto ottimi assoli (quello di “Game of War” su tutti), la sezione ritmica tiene un gran groove riuscendo anche a staccarsi ogni tanto in evoluzioni tecniche non da poco mentre la tastiera praticamente riesce a fare di tutto, dai campionamenti, al tappeto sonoro da accompagnamento , agli arpeggi e per finire a dei fantastici assoli con il synth. Incredibile lavoro da parte del diteggiatore di avorio. La voce ha un tono potente, ma allo stesso tempo trascinante, cambiando ogni tanto e facendosi più roca sulle parti più toste, senza rifiutare alcuni effetti come il tipico “radio rotta” e ogni tanto sparando un breve growl qui e lì (dopotutto sono polacchi ed il death metal ce l’hanno nel sangue), l’unica cosa che purtroppo non ha convinto è la pronuncia inglese del cantante che a volte sembra mangiarsi le parole o che a furia di suonare convincente sbaglia qualche pronuncia, insomma un po’ di British School non gli farebbe male. Detto questo, ottima prestazione anche al microfono. La produzione riesce a fornire una certa potenza al prodotto, sebbene forse i volumi degli strumenti a volte si impastino un po’, ma dopotutto si sa che mettere insieme sei suoni diversi non è assolutamente facile e poi bisogna anche vedere con quali mezzi il disco è stato prodotto. Altro punto che mi è piaciuto è che le tracce non sono le classiche stralungone epopee senza fine che di solito si trovano nei dischi progressive, il gruppo ha saputo mantenere la forma canzone evitando di dilungarsi troppo.

Tree of Lie è un disco che mi sento di consigliare a tutti gli amanti del progressive fatto come si deve e soprattutto chi gradisce che in un prodotto prog metal ci sia prima il METAL e poi il PROG, un po’ di palle fumanti e aggressività, ritmi coinvolgenti e buone idee. Non so se questi Terminal faranno altro, perché a quanto pare è un progetto nato da diversi musicisti e studiosi di musica polacchi, ma spero seriamente propongano un altro CD come questo perché davvero con Tree of Lie hanno colpito nel segno.

Voto: 

8 più un Rullo di tamburi

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