Terminal – Tree of lie
Il prog metal è morto. Non parlo di death metal tecnico,
parlo di quei pochi gruppi capaci di unire tastiere, campionamenti, chitarra,
sezione ritmica e voce pulita cercando di creare buona musica e non intrugli senza
capo ne coda. Dove sono finiti? I fantastici Fates Warning non ci sono più,
Devin Townsend ormai è preda dei suoi stessi neurodeliri incontrollabili sui
quali secondo me ci ha anche marciato un po’ troppo sopra, i Dream Theater dopo
Images and Words hanno solo scorreggiato mezze produzioni poco convincenti, i
Pain of Salvation sappiamo tutti che fine hanno fatto e poi vabbè, i vecchi
eroi del genere ormai sono troppo vecchi per poter proporre qualcosa di anche
minimamente gradevole… I Mekong Delta, i Queensryche e tutte quelle robe di
Jarzombek che non sono mai riuscito ad afferrare, dove sono andati? I Symphony
X? Ve li ricordate? Con il batterista che aveva il nome più azzeccato al ruolo:
Jason Rullo. Senti come rulla Jason Rullo. Con un nome del genere non puoi non
fare il batterista o saper fare su dei gran cannoni, sono sicuro che anche
Method Man si inchinerebbe di fronte alla bravura spinellesca di Jason Rullo.
Rullo di tamburi, ecco a voi Jason Rullo. Rullo Jason. Vabbè, comunque poverino
ha suonato in un gruppo composto da altri tecnomostri della musica, ma che
purtroppo a mio parere hanno azzeccato solo un disco, The Divine Wings of
Tragedy che poi tra l’altro neanche mi fa impazzire. E poi bè… I Voivod! Il più
grande gruppo metal della storia e forse l’unico vero gruppo che si poteva
definire progressive metal. Gruppo marchiato dalla deperita e ridente mano
della sfiga… Che perdita per la musica, davvero.
E così il progressive metal com’era inteso anche solo una
decina di anni fa non esiste quasi più, se non per una stramba ondata polacca
che ha steso tutti con diversi gruppi come gli incredibili Indukti, i Riverside e
i più recenti Terminal dei quali mi accingo a parlare.
I Terminal sono stati un piacevole fulmine a ciel sereno di un
paio di anni fa, proponendosi come gruppo prog con composizioni accattivanti ed
un’ottima tecnica strumentale alle spalle. Questi cari polacchi, popolo che
alla musica pesante ha sempre dato (non mi scorderò mai le foto dei Vader nei
baretti di Danzica) e che a quanto pare in un modo o nell’altro vuole
continuare a dare, ci scatena addosso il potentissimo Tree of Lie. Da pezzi
aggressivi come si passa a composizioni di classe in gran scioltezza, i
musicisti sono capacissimi di andare da riff spaccatesta a melodie di classe
con un loro stile personale e senza scopiazzare a destra e a sinistra in assenza
di idee. Ovviamente le ispirazioni vengono dai gruppi sopracitati, ne è un
esempio chiaro il sassofono iniziale di “Deep Inside” che ricorda quelli di
“Another Day” del più famoso e strapagato gruppo niuiorchese. Ciò che più si
gradisce del disco è la potenza con la quale è eseguito, le ritmiche sono
rocciose e si cerca sempre più il ritmo del tecnicismo, unendo tutto questo a
degli ottimi ritornelli che sono davvero difficili da dimenticare. Le prime tre
tracce iniziali sono già un ottimo esempio, con “Togheter Apart” che ci mostra
come il gruppo sappia passare da ritmiche potenti e allo stesso tempo studiate
a un ritornello trasportante fatto di un arpeggio in chitarra pulita, per poi
andare ad un attacco di doppia chitarra ed un assolo di tastiera in synth come
non se ne sentivano da un bel po’. Pregiato, è l’unico termine che mi viene in
mente per descrivere questa ottima traccia che mette in evidenza non solo la
tecnica, ma anche le idee e soprattutto la voglia di scrivere delle canzoni e
non degli abomini di note. Cito anche “Behind The Mask” dove troviamo persino
elementi presi dal rap, certo non aspettatevi la metrica di Krs-One dal
cantante, non è questo che colpisce del pezzo quanto la capacità di unire
all’aggressività del ritmo della strofa un ritornello altrettanto potente, ma
che riesce a trasportare senza contare il panteriano riffone dopo il bridge. A
fare sta roba ci hanno provato anche i Daniel of Salvation e l’esperimento è
fallito miseramente (“Cribcaged”… Sigh, gulp, gasp, sob!). Ottima anche la
title track del disco che parte solo con la tastiera e la voce, per poi
evolversi tra un ottimo assolo fusion, per poi chiudere con una parte thrash
mista a dei campionamenti da atmosfera. Tutti gli strumenti del disco fanno un
gran lavoro, le chitarre si propongono in ottimi riff e altrettanto ottimi
assoli (quello di “Game of War” su tutti), la sezione ritmica tiene un gran
groove riuscendo anche a staccarsi ogni tanto in evoluzioni tecniche non da
poco mentre la tastiera praticamente riesce a fare di tutto, dai campionamenti,
al tappeto sonoro da accompagnamento , agli arpeggi e per finire a dei
fantastici assoli con il synth. Incredibile lavoro da parte del diteggiatore di
avorio. La voce ha un tono potente, ma allo stesso tempo trascinante, cambiando
ogni tanto e facendosi più roca sulle parti più toste, senza rifiutare alcuni
effetti come il tipico “radio rotta” e ogni tanto sparando un breve growl qui e
lì (dopotutto sono polacchi ed il death metal ce l’hanno nel sangue), l’unica
cosa che purtroppo non ha convinto è la pronuncia inglese del cantante che a
volte sembra mangiarsi le parole o che a furia di suonare convincente sbaglia
qualche pronuncia, insomma un po’ di British School non gli farebbe male. Detto
questo, ottima prestazione anche al microfono. La produzione riesce a fornire
una certa potenza al prodotto, sebbene forse i volumi degli strumenti a volte
si impastino un po’, ma dopotutto si sa che mettere insieme sei suoni diversi
non è assolutamente facile e poi bisogna anche vedere con quali mezzi il disco
è stato prodotto. Altro punto che mi è piaciuto è che le tracce non sono le
classiche stralungone epopee senza fine che di solito si trovano nei dischi
progressive, il gruppo ha saputo mantenere la forma canzone evitando di
dilungarsi troppo.
Tree of Lie è un disco che mi sento di consigliare a tutti
gli amanti del progressive fatto come si deve e soprattutto chi gradisce che in
un prodotto prog metal ci sia prima il METAL e poi il PROG, un po’ di palle
fumanti e aggressività, ritmi coinvolgenti e buone idee. Non so se questi
Terminal faranno altro, perché a quanto pare è un progetto nato da diversi
musicisti e studiosi di musica polacchi, ma spero seriamente propongano un
altro CD come questo perché davvero con Tree of Lie hanno colpito nel segno.
Voto:
8 più un Rullo di tamburi
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