martedì 10 aprile 2012

LA RETTILIANA VIA

Dim Mak - The Emergence of Reptilian Altars


http://www.myspace.com/deathpointstrike

Felice Pasqua! Pasquetta! Pasquina e Pasquona!

Già passate... E' vero, ultimamente sono stato un po' impegnato e non sono riuscito a scrivere altro su questo pulciosissimo blog, ma si sa che quando si inizia a lavorare otto ore della propria vita se ne vanno in mansioni delle quali più o meno ci importa giusto per una paga micragnosa e taccagna che però ci consente di vedere un qualche angolo di futuro da una stretta fessura rugginosa. Ma si, tanto ormai con questi articoli 18 che saltano a destra ed a sinistra, quali garanzie più ci potranno essere? Perciò accantonate tutti i vostri piani di mettere su famiglia o spargere marmocchi per il globo, non ci riuscirete. Ve lo impediranno, stanno tentando di scoraggiare la riproduzione umana per far si che i rettiliani possano conquistare il mondo più facilmente. Avete visto la faccia di Schifani ed Alfano ultimamente? Sono sempre più tirate, si vede che la pelle umana che hanno preso sta invecchiando ed il serpente vuole venirne fuori. Bossi ed il suo figliolo si sono dimessi, probabilmente avranno qualche nidata da accudire nei sotterranei di Ital'ryl'ya, profondità immense dove la più forte mente umana potrebbe essere facilmente ridotta ad un ammasso piagnucolante ed isterico... Cosa dobbiamo fare con sti rettiliani? Dopotutto sono organizzati e strafottenti, mangiatori di tortelloni alla zucca fatti in casa in ristoranti di lusso, organizzatori di orge tantriche e rituali cosmici capaci di creare intere fosse oscure per risucchiare l'intera economia di un paese. Ghiotti di speranze e sangue giovane, il loro eterno corpo squamoso passa da un ospite all'altro, rivelando raramente l'orrore strisciante di due occhi vitrei e denti velenosi. E così ancora una volta si schiudono le uova della pasqua rettiliana, la prole che si annida sotto le nostre strade si fa beffe di noi, scalando dai sotterranei fino agli appartamenti comprati di soppiatto.

Oh... M'avete comprato il blog? Nessuno se lo vuole comprà sto blog e dirmi che da un giorno all'altro ho incassato un sacco di soldoni? No eh... Che BRUTTA sorpresa sarebbe, veramente non so come sia possibile al giorno d'oggi. Vergogna! E dire che c'è gente che paga il mutuo che rifiuterebbe categoricamente di avere una casa comprata da qualcun'altro! Supercalifragilistichescandaloso!
Prima o poi si vendicheranno...
Grassate in grassetto e sgrossate grossolane a parte, sappiate che tra la merda propinataci dai Meshuggah e da qualche altro gruppo "famoso" che si sta rettilizzando sempre di più, perdendo umanità e vendendosi alle masse, potreste avere l'occasione di sentire qualche band che ancora conserva dello spirito e che ancora si cimenta in qualcosa che può essere definito musica e non prodotto. Potreste provare i Dim Mak ed il loro ultimo disco, The Emergence of Reptilian Altars. Loro inneggiano la conquista del regno delle squame, del sibilo profondo e del veleno monetario! Ma lo fanno bene e per quanto i testi del disco siano banali, la musica proposta è assolutamente ottima. Francamente è il loro primo lavoro che riesce a piacermi, Knives of Ice si perdeva in soluzioni già trovate da altri e pur essendo un buon disco di death metal canonico, era comunque privo di personalità e questo è un male. Rettiliano. Ciò che si sente nei nuovi Dim Mak è un suono personale che si basa su dei riff in stile good ol' Florida con melodie quasi alla Monstrosity, ma che si sposano benissimo con dei ritmi particolari, chitarre stoppate e incroci metrici riuscitisissimi. Merito anche di John Longstreth, batterista che non ho mai sopportato per i suoi eccessivi voli tecnici, ma che devo ammettere di aver trovato molto maturo rispetto alle blasteggiate senza ritegno per gli Origin. Il buon Longstreth mostra di sapere come suonare con groove e personalità, unendo la sua ormai famosa ultratecnica ad una lodevole intelligenza sviluppatasi sicuramente con la sconfitta dell'acne giovanile ed i primi peli di barba. La cosa che mi ha impressionato di più è il lavoro che fa con il pedale che rimanda un po' all'enorme Gene Hoglan. I giri di chitarra che trascinano le tracce verso le profondità sono ottimi, hanno un groove melodico difficile da trovare in altri prodotti moderni e quando parlo di melodia non parlo di cacatine da scuola media come quelle dei Black Dahlia Murder o di quegli idioti degli Arsis che scopiazzano più riff del sottoscritto durante il compito di matematica alle superiori. Qui la melodia è parte integrante della brutalità e della cattiveria e sopratutto non è banale, i giri di chitarra non sono mai scontati e si scambiano tra mid tempo e blast beat con fluidità disarmante, creando un insieme davvero ben fatto. Basta sentire "The Sounds of Carnage" o la fantastica strumentale "Through the Rivers of Pestilence"  per avere un assaggio di quello che sto dicendo, per non parlare di "The Secrets of The Tides of Blood" che passa dalla melodia malata di un blast beat intervallato da rullate incredibili ad un mid tempo groove da scuoti testa, senza contare gli assoli da oltretomba che ogni tanto invadono la traccia, senza spadroneggiare e senza risultare innocui, come un coro profondo che si intromette tra una linea vocale e l'altra. La voce è anch'essa su buoni livelli, niente di troppo particolare, ma che saggiamente sa stare al suo posto, lasciando molto spazio agli altri strumenti. Sebbene la tonalità non sia delle più originali, le linee vocali lo sono alquanto, messe in punti non proprio canonici dei riff e spezzate nei momenti giusti. Questo disco ha avuto uno strano effetto su di me, da una parte mi è sembrato di riascoltare i Monstrosity, dall'altra parte mi è sembrato che i Dim Mak abbiano reinventato un suono che si era ormai perso, riuscendo a suonare in modo davvero originale. Sicuramente un grande apporto viene dato dalle invenzioni di Longstreth dietro le pelli, ma l'insieme del gruppo è davvero notevole, aiutato da una buona
Presto torneremo insieme nelle striscianti profondità, figlio mio!
produzione che non allarga nessun suono all'estremo, facendo andare tutto su volumi ben regolati e stabili. Le chitarre poi fanno scuola, direi che se si vuole imparare a suonare con tecnica, groove e melodia si ci potrebbe fare un bel compendio dei riff di questo disco e di studiarseli a fondo. Che dire, un lavoro veramente valido dove è davvero difficile trovare un difetto. Certo, non propone le dissonanze o le ritmiche sballate dei nuovi poeti della scena, ma di sicuro ha più personalità di molti lavori che ostentano il nuovo, ma che falliscono miseramente nelle composizioni. Non voglio fare il nostalgico o l'antiquato, ma preferisco di gran lunga un disco del genere ad un qualsiasi scempio dei Born of Osiris o dei The Faceless e sopratutto a quella falsità che è Koloss. Quando la prima traccia, "Thrice Cursed", parte non fa altro che lasciarmi un sorriso sul volto mentre la mia testona va in movimento perpetuo. Sono questi i dischi che voglio ascoltare, fino a quando il mio corpo non cesserà le sue funzioni, verrà portato in un obitorio dove gli organi verranno gettati via ed un essere rettiliano vi entrerà dentro prendendo le mie deformi sembianze, riuscendo finalmente a vedere la luce dopo un'intera adolescenza passata nei sotterranei. Dominio della Squama, Regno del Dente, Impero Strisciante ed altri saranno i nomi con i quali verranno chiamati, i loro altari si ergeranno e John Longstreth rullerà come un pazzo mentre i Dim Mak suoneranno l'inno della conquista del Serpente.

Auguri di buona Pasqua Rettiliana!

Voto:

9 più un appartamento regalato.

1 commento:

  1. Prova a guardare bene Alfano in faccia?
    Ha proprio una faccia di lucertolone.

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