mercoledì 21 marzo 2012

PAESI BRUSCHI

Horn of the Rhino - Weight of Coronation

http://www.myspace.com/rhinomotherfuckers



Quanto odio la branchia più metallica dello sludge stoner fucker roamer boamer e tutte quelle robe fintine intellettucazzoidi tipo i Sunn O))"("!?==)" e quelle prolisse sminchionate da quarantasei minuti a traccia senza un perchè. L'unico gruppo degno di rispetto del sottogenere secondo me sono i Neurosis, quelli hanno tirato fuori dei gran dischi, riuscendo a mischiare queste atmosfere da campagna sperduta americana a drogatissimi portali per altre dimensioni. Poi vabbè, il loro frontman decise di diventare il nuovo Mark Lanegan e dopo un buon disco solista ha seguito con l'appestare le nostre povere orecchie con lavori di dubbia qualità. Mi ricordo che ai tempi ce n'erano parecchi di gruppi simili, in quel periodo feci il gravissimo errore di procurarmi del materiale dei Cult of Luna, roba di una noia devastante, più piatti di un convegno sull'utilizzo delle nasali francesi nel teatro neoricreazionista. Poi venne il turno dei The Ocean e gli Isis... Esaltatissimi ed elogiati dalla solita stampucola da due soldi, francamente li ritengo tra i peggiori gruppi della storia della musica. Non capisco proprio come si possa ascoltare un loro disco intero. Di solito questi cosidetti gruppozzi hanno dei giri di chitarra che hanno l'efficacia di un ombrello che viene usato per coprirsi da una frana, la solita batteria ultratommosa che praticamente svanisce sotto la classica voce mezzo urlata da bimbone atteggione, le dubbie melodie della sudetta chitarra e poi ovviamente... Il breakdown un po' metal core. Per carità, a diciasette anni può anche andar bene, ma dopo un po' ci si rende conto che nove minuti così in una traccia possono condurre alla rapida discesa scrotale verso il freddo pavimento. La cosa che non mi piace di questi musicisti è che non hanno la capacità di evolversi. I loro dischi sono praticamente uno uguale all'altro, riciclano i riff e comunque riescono a crearsi intorno quell'alone di alternatività, di bello e di riuscito che tanto colpisce le masse ubriacate dalle dionisiache stronzate sparate dai media del settore. E vabbè, d'altronde se hanno avuto successo i Pooh non vedo perchè non lo possono avere i The Ocean. Fatto sta che a me questo tipo di metal prolisso non piace e francamente ho sempre ignorato tutti sti gruppetti, insieme a tutti quelli proposti dalla Tribes of Neurot. Eppure ci sono un sacco di persone che ritengono questa musica tra la
Amore, hai ascoltato di nuovo tutta la discografia dei The Ocean?
migliore che il genere pesantoso può proporre, la ritengono fresca e nuova, piena di energia e di emozione. Per me sta generazione della Facestation 3 e del Xbook 360 deve aver avuto parecchi incontri seggiolone-piastrelle della cucina da piccoli. Non lo so, forse c'è stata una produzione in massa di seggioloni per bimbi senza appoggi, o forse la Plasmon sta mettendo qualche sostanza che riduce le capacità mentali di un individuo nei loro omogeneizzati. In effetti bisogna avere proprio la testa spenta per ascoltare un intero disco composto da pezzi che durano minimo dieci minuti senza alcuna variazione ritmica e vocale. Uno mette il disco e lo fa andare, senza pensare minimamente a niente. Probabilmente è questo il nuovo modo di ascoltare la musica oggi e sono io che forse, da Blade Runner virtuale, mi impegno troppo a cercare qualcosa di un po' più originale in mezzo alla miriade di replicanti che da quattro anni a questa parte stanno proliferando in giro. Ma chi me lo fa fare? Sapete una cosa? Adesso spengo anche io il mio interesse musicale e mi ascolto uno di stì gruppi.
Tò, beccatevi questi, vengono dai Paesi Baschi e si chiamano Horn of the Rhino. I Paesi Baschi, per
I Paesi Baschi.
chi non lo sa, si trovano nel nord della penisola Iberica e sono da molti considerati come la Scozia spagnola. D'altronde a quanto pare è da li che è partita la Reconquista contro i Mori, quella del Cid e delle mazzate medioevali. Insomma un posticino non male, montagne e cielo grigio, un posto che ha sicuramente forgiato notevoli guerrieri in passato e che purtroppo per un po' ha portato la triste firma dell'ETA. Gente incazzata e brusca. La provenienza di questo gruppo è bastata ad incuriosirmi al punto da provare ad ascoltarli e... Sorpresa, questi qui non sono affatto male. Musicalmente sono un buon incrocio tra la desolazione del drone ed i suoni un po' marci e vintage di alcuni gruppi come gli High on Fire, già dalla prima traccia "Speaking in Tongues" veniamo infatti avvolti da due chitarre e dalla tommobatteria che ci portano subito nelle nebbie delle cime del nord della Spagna. Il basso contribuisce a creare una certa atmosfera distorta, quasi come un vento maligno che scivolando tra le pendici arriva all'orecchio come un sibilo gutturale. Partiamo bene, ma è quando si sente la voce del cantante che si rimane piacevolmente sorpresi. Mi aspettavo il solito growl senza arte ne parte, mezzo urlato e senza il minimo riguardo per la metrica musicale ed invece ecco che arriva una sorta di misto tra Eddie Vedder e Layne Staley, una voce che si potrebbe trovare più nei cari dischi della scena di Seattle degli anni 90 che in un lavoro del genere. El hombre qui ha anche una discreta estensione vocale che ci viene mostrata nel pezzo "Sovereign", una traccia dall'incedere lentissimo che mi ha fatto ricordare alcune immagini del fantastico Valhalla Rising del regista danese Refn. Nebbia ed altitudine, desolazione primordiale e antichi uomini, lasciati tra le fauci più severe di madre natura. In questo pezzo veniamo anche accolti da un ottimo organetto hammond che contribuisce a creare atmosfera. Si passa a Throats in Blood, uno dei pezzi più diretti e veloci, dove si può apprezzare l'ottimo ritornello e il tono quasi disperato del cantante che di nuovo mostra di sapere usare molto bene la sua voce, producendosi anche in rochi vocalizzi da gattone tossicomane. Si torna al lento incedere con "Weight of Coronation" che se non fosse per i suoni distorti del disco, potrebbe tranquillamente sembrare un pezzo degli Alice in Chains. Devo dire di essere rimasto piacevolmente sorpreso dalla prima metà del disco, ma purtroppo il resto non sono proprio riuscito ad ascoltarlo. Non fraintendete, non è che le restanti tracce non mi siano piaciute è che dopo Throats in Blood, una bella scarica di adrenalina, il disco torna subito su ritmi pacati e lenti, spezzando in qualche modo il crescendo ritmico delle tracce. Purtroppo anche i giri di chitarra tendono a ripetersi e devo dire che il batterista è forse uno dei peggiori che abbia mai ascoltato. Un bell'omino di legno, legato a quelle quattro figure ritmiche che dopo un po' si esauriscono dietro una manica di rullate sui tom e di mid tempo eseguiti piuttosto male. So che questo è un genere zozzo e sporco, ma purtroppo la mediocre esecuzione tecnica del pelligrafo bacchettaio stride con l'ottima prestazione vocale del cantante. Anche i riff a volte sembrano andargli contro, ripetendosi all'infinito rendendo difficile l'ascolto completo del prodotto, non proponendo assolutamente nulla di nuovo dopo la quinta traccia. Purtroppo si ha l'impressione che se non fosse stato per il cantante, questo disco sarebbe stato veramente pessimo. La voce rende interessante il lavoro, per il modo in cui è usata e per lo stile vocale del tutto originale in un contesto simile. Il problema è che un uomo solo non può salvare tutta la squadra e quindi l'intero disco dopo un paio di ascolti se ne va inesorabilmente in malora. Per carità, ogni tanto tracce come "Sovereign" e "Throats in Blood" riaffioriranno nella memoria, ma di certo le altre rimarranno nel dimenticatoio. Altro problema è la lunghezza dei pezzi. Dieci minuti di media. Non capisco. O ci metti soluzioni ritmiche alternative, stacchi in aucustico, atmosfere particolari o delle parti strumentali particolarmente studiate oppure è inutile ripetere gli stessi riff per l'eternità. Nel caso degli Horn of the Rhino è anche un peccato perchè nelle tracce più brevi riescono ad essere molto più incisivi e coinvolgenti. Forse c'è questa macabra convinzione in queste nuove band che più la traccia è lunga e più si è intelligenti, bravi e furbi. Purtroppo i pezzi lunghi bisogna lasciarli ai pochi che li sanno far suonare interessanti dall'inizio alla fine e si sa che non è roba da tutti. Mi spiace dirlo, ma anche questa band c'è cascata. Un vero peccato perchè con quel cantante e qualche buona idea in più, questo disco poteva essere davvero molto più piacevole. Il problema è che se i riff non sono un granchè e la batteria sembra suonata da una drum machine arruginita degli anni 30 allora non si può certo pretendere di trovarsi di fronte ad un gran lavoro. Complimenti al cantante che ha provato a fare qualcosa di nuovo e che ha sicuramente una voce portentosa, ma consiglierei agli Horn of the Rhino di trovarsi un nuovo batterista, di far ascoltare al chitarrista gruppi che non siano quelle mezze calzette degli High on Fire e di andare nel comune del loro paese e firmare una petizione per la quale non possono scrivere pezzi più lunghi di quattro minuti. Forse fatte queste cose, questo gruppo potrebbe anche regalarci un gran disco.

Voto:

6 più un %Q("£)35£)£"$)"52!")) O

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