mercoledì 22 febbraio 2012

QUOTH THE RAVEN... (Parte 1)

Nevermore - This Godless Endeavor

http://www.myspace.com/nevermorefans

Nevermore, neverbacche e nevermirtilli.
Non sono mai stato un grande fan dei frutti di bosco, ma ricordo con grande piacere le Morositas anche se la loro forma ricordava più delle emorroidi che delle more. Forse volevano chiamarle Emorrositas, ma non voglio entrare nelle menti creative dei geni della supermegaindustriacorporativa delle caramelle.
Sul serio, i frutti di bosco mi sono sempre sembrati rancidi, sarà che sono stato sempre un topo di città, cresciuto prevalentemente tra smog, asfalto, clacson e grida dei fruttivendoli domenicali. Preferivo di gran lunga il sapore chimico di un Mars alla genuinità selvatica del ribes ed era mia gioia scartare con ansia un Twix comprato al baretto con le lire di allora...

La Lira! La Lira! La Lira!

Fine del delirio monetario.
Insomma non ero proprio avezzo a strappare il frutto dalla radice, osservando con grande pace il muoversi dei piccoli insetti, udire il cinguettare degli uccelli ed essere cullato dal vento tra le foglie degli alberi. Tutto mi sembrava austero ed ostile, la natura verde mi bloccava con i suoi rami, le radici mi si avvolgevano attorno ai piedi e venivo soffocato dall'afa, punto da sciami di insetti e inorridito da giganteschi calabroni o mosconi. Quanto adoravo invece lo smog, il vociare, il casino prodotto dalla folla cittadina, le varie e multiple facce, anime dirette verso inferni e paradisi personali. E poi i piccioni, le zoccole di fogna  (che sono topi di dimensioni pantagrueliche e non cortigiane underground) e le gang di scarafaggi appostate agli angoli. Non sono adorabili?
Stupendi esseri sopravvisuti alla catastrofe chiamata città, al tremore delle gomme sull'asfalto ed alle radiazioni di antenne, cellulari e quant'altro.
Che bellezza! Il solo ricordarlo fa scendere dai miei occhi una lacrima di inquinata e rancida tristezza, ma non posso farmi prendere dai bei ricordi, meglio farli infiammare come fumose ciminiere al mattino.

Quello che volevo dire è che sono stato un po' uno stronzo. Sia con me stesso, sia con i Nevermore.
Ho sempre stimato questo gruppo, il loro Politics of Ecstasy è un disco incredibile e la stessa cosa potrei dire di Dreaming Neon Black (anche se un po' meno rugginoso e cattivo del predecessore). Mi piaceva il loro modo di intendere il metal, mischiando psichedelia, riff devastanti quasi death, assoli vertiginosi ed una voce quasi teatrale che si faceva i cazzi suoi creando le proprie linee melodiche. Devo dire che la prima volta che li ho ascoltati non stavo capendo un cazzo di ciò che facevano. Voglio dire, ero solo un ragazzetto alle prese con i primi ascolti, abituato alle dirette cavalcate degli Iced Earth o alle sfuriate death metal della vecchia scuola, cosa potevo capire di una musica così elaborata? Voglio dire, i riff erano di una cattiveria disumana, c'erano assoli fatti di pura bravura tecnica, stacchi di psichedelia acida e poi al cantante sembrava che gli fossero morti il gatto, il pesce rosso ed il cane tutti nella stessa giornata dove aveva beccato la moglie col postino che spazientito aveva ucciso il cane perchè si sa che i cani in america rincorrono sempre i postini. E meno male che li definiscono POWER.

No. Non potevo accettarlo, non poteva essere POWER. Al tempo ascoltavo anche gli Stratovarius (lo so è uno schifo, ma ognuno ha i suoi scheletri nell'armadio e zombi nel cassetto) e loro erano power: cantatino da checchina alla quale stanno bruciando le dita dei piedi, chitarrine lineari, velocità e pezzi facili da ricordare. Erano il diretto opposto dei Nevermore. Ero terrorizzato, tanto che Politics of Ecstasy rimase fuori dal mio lettore CD per un bel po'. Una parte di me sapeva che quel disco era fantastico, ma al tempo era davvero troppo. Solamente dopo che il mio cervello fu avariato da diversi gruppi death brutali riuscì finalmente ad ascoltare ed apprezzare a pieno quel lavoro, così decisi di procurarmi altri dischi di costoro. Ho già detto che Dreaming Neon Black è per me un grande lavoro, ma ragazzi...

Dead Heart in a Dead World è un altro paio di maniche.

Allora, adesso so che molti lo ritengono il miglior lavoro dei Nevermore, però dai... Le tracce alla NEVERMORE sono ottime e la cover di The Sound of Silence è geniale, ma qualcuno mi dice perchè hanno voluto mettere TRE ballate in un disco del genere? E' come mangiare un ottimo primo, un ottimo secondo e poi però per dessert ti servono una torta di merda. Non una torta che fa schifo, intendo proprio una torta fatta con la MERDA. E vabbè, si sarebbero rifatti con Enemies of Reality...

No. Quello è proprio un disco che si potevano risparmiare. Terrificante. Quasi mi pento di averlo anche solo ascoltato.
E' da quel loro ultimo lavoro che mi sono disinteressato completamente dei Nevermore. Fino a qualche tempo fa, quando ho voluto dare un'altra chance a questo gruppo ormai famoso nella scena e che con il loro nuovo Godless Endeavor sembravano aver ritrovato il loro sound. Ebbene, all'inizio ho ascoltato molto scettico questo disco, ero veramente disinteressato alle tracce e devo dire che l'inizio di "My Acid Words" mi faceva parecchio innervosire, anzi a dire il vero ancora non lo riesco a sopportare quel riffino scontato alla svedese. Però piano piano, ascoltando il resto del disco devo dire che mi è piaciuto davvero e l'ho messo al terzo posto dei miei Neverdischi dritto dopo Politics of Ecstasy e Dreaming Neon Black.
Loomis in un momento di grande creatività.

Ecco perchè sono stato un po' stronzo, mi sono fatto chiudere la testa dai pregiudizi, dal fatto che Dane ormai si fosse svenduto e che Loomis non facesse altro che fare inutili video didattici che purtroppo capiva solo lui. Per questo avevo completamente tralasciato questo ottimo disco, non rendendomi conto che per certi versi This Godless Endeavor è il diretto erede di Politics of Ecstasy. Inanzitutto, la band aveva finalmente preso Dane e lo aveva rimesso a cuccia, relegandolo alla parte migliore che poteva fare: il cantante. Basta canzonette fatte su misura per lui, in Godless Endevour dominano il buon Loomis ed il nintendiano Williams, quindi affanculo il troppo emozionabile Dane. Evvai! Grandi ritmi e riff, finalmente il batterista si esprime al suo meglio, passando dal suo classico doppio pedale a numeri di alta scuola su rullate e fill, andando in perfetta sintonia con i giri di chitarra che passano dal tecnico al melodico con gran perizia tecnica. E cazzo, per convincermi è bastato ascoltare la traccia iniziale: "Born". Si apre come un pezzo death, ma il ritornello è una roba incredibile e davvero non so come abbiano fatto a far suonare tutto bene in quel modo, il riff è intricatissimo e melodico allo stesso tempo e Williams praticamente s'inventa di tutto per non suonare in modo ortodosso. Veramente notevole anche il groove di "Final Product", che ricorda molto lo stile di Politics of Ecstasy e che per ovvie ragioni si infila tra le mie tracce preferite del disco. Altro grande lavoro viene fatto su "Bittersweet Feast", specialmente nel ritornello, ritmicamente intricato ma facilmente ricordabile, merito delle linee vocali di Dane che riescono a trovare spazio tra i frenetici colpi di batteria e gli stop and go di chitarra. Si passa "Sentient 6" che è più o meno il sequel (o il prequel, o il proquel o il guardaquel) di "The Learning", ultima traccia di Politics of Ecstasy. I due pezzi sono infatti molto simili, sia come testo che come composizione. Si parla sempre del megacomputer che decide di fare fuori tutta la razza umana, solo perchè i suoi programmatori usano ancora Internet Explorer e non Chrome. La rabbia robotica viene espressa tramite arpeggi nella strofa ed un ottima progressione di accordi nel ritornello, mentre Dane canta la sofferenza di questa povera macchina che poi alla fine della canzone s'inalbera e decide di porre fine all'esistenza sulla terra. La furia vocale viene poi accompagnata da una parte più dura che chiude il pezzo. Bellissima traccia, cantata davvero con passione che ci dimostra quanto Dane sia protettore dei diritti dei Personal Computer. Nella seconda parte del disco ci sono la buona "Medicated Nation" e la tecnica "Psalm of Lydia", il pezzo più complesso del lavoro a livello di chitarra. Qui Loomis decide di fotterci il cervello con le sue super scale diminuite minute melodiche cacofoniche che solo lui conosce, il biondo signore pensa "Ora sweeppo un po', perchè che cazzo, non lo faccio mai." e parte subito in quarta, donandoci anche uno stacco di chitarra classica a lui tanto cara. Le linee di Dane in questo pezzo sono ancora più storte, ma riescono a creare l'atmosfera giusta, specialmente nel ritornello dove Williams decide che su un ritmo lento ci vuole una batteria veloce e ci sconvolge ulteriormente le idee. Niente da dire, un pezzo fantastico. La chiusura del disco viene affidata a due tracce una migliore dell'altra: "A Future Uncertain" è un canto contro la schiavitù della religione, interessante l'inizio con una chitarra quasi da chiesa ed un cantato da coretto che scimmiottano le fantastiche composizioni clericali. Ovviamente il pezzo poi sfocia in una serie di accordi stortissimi ed un ritornello da gran carica emotiva, con un testo un po' atipico per Dane, dato che questa volta il desperados fa un inno alla libertà di pensiero e di vita.
Ascolta Warrel, non te la prendere, ma Enemies of Reality è stata una cacata. Questa volta lascia fare a noi, eh?

Stronzi, siete solo degli stronzi!
Il pezzo finale, "This Godless Endeavor", è una gioia mortale. Si parte con arpeggio e voce per poi andare su un'apertura quasi epica, fatta di una melodia potente e coinvolgente. Il pezzo si estende su una sfuriata tra strofa e ritornello, per poi andare su una parte quasi progressive death nel bridge, dove c'è uno dei riff più complessi mai scritti dai Nevermore e dove Williams e Loomis vanno insieme meglio di Tom Becker e Holly Hutton. Mi hanno quasi ricordato gli Atheist e so che il vecchio Loomis ha un certo debole per quella fantastica band. Il tutto si chiude con un megasweeppone dove Dane riesce anche a cantare in modo convincente e poi il mega assolazzo neoclassicheggiante che sicuramente i guitarreros più tecnici ascolteranno e riascolteranno.
Le parti scomode e dolenti: "Sell My Heart for Stones" è ridicola, patetica, inutile e praticamente fuori contesto. Sono sicuro che Dane avrà pregato i suoi compagni di gruppo di scrivere almeno un pezzo per lui, dove poteva fare un po' il figo e rimorchiare qualche groupie ai concerti. Banale, scontata ed anche copiata da svariate ballate già sentite in altri dischi come !The Heart Collector" (un'altra rottura di palle) presente in Dead Heart in a Dead World, per esempio. Altro pezzo che purtroppo non è riuscito a convincermi del tutto è "My Acid Words", un po' mediocre rispetto al resto, si sente che insieme a Sell My Heart for Stones è la composizione meno ispirata dell'intero disco. Un'accozzaglia di riff che francamente stridono un po' tra loro, ma dovevano proprio metterla quella cacchio di smelodazzata alla Dark Tranquillity? A molti sicuramente potrà piacere, ma dato che non sono mai stato un grande fan dell'ultramelodic swedish forest death metal  devo dire che sono ancora irritato da quelle notarelle saltellanti come follettini. Non è assolutamente lo stile di Loomis, che si produce meglio in legnate soniche quando si tratta di riffare.
La produzione è ottima, mette in evidenza gli strumenti e lascia un po' la voce in secondo piano, scelta azzeccata per questo disco dove di certo Dane fa da co-protagonista. Gli assoli sono un altro punto che per me passa un po' inosservato, ma questa è una semplice questione di gusti. Non metto in dubbio l'elevatissima bravura di Loomis, ma purtroppo non riesco proprio a digerire gli assolazzi troppo shreddoni, anche forzati in alcuni pezzi. Sarebbe stato più carino se al posto di alcuni assoli, il gruppo avesse infilato altre parti strumentali come quella presente sulla title track. Comunque ripeto, se siete amanti dello shredding neoclassico allora non c'è niente di cui lamentarsi.
This Godless Endeavor è un disco da ascoltare e riascoltare che si avvicina parecchio alle vecchie idee compositive del gruppo, diventando anche leggermente più tosto da digerire rispetto ai lavori precedenti. Le complicazioni ritmiche ed il fatto che Dane non sia proprio l'assoluto protagonista potrebbero far storcere il naso ad alcuni dei fan più sfegatati delle melodie del gruppo, ma dubito che questo lavoro dei Nevermore sarà sgradito a chi adora Politics of Ecstasy.
Un'ottimo prodotto, fatto da un gruppo quasi al tramonto, un lavoro che quasi poteva lanciare la rinascita dei Nevermore, sicuramente una delle band metal più promettenti e personali degli ultimi anni, ma che purtroppo è poi sfociato in uno dei dischi peggiori della band:

The Obsidian Conspiracy.

Ma di questo ne parleremo nel prossimo post.

Voto:

8,5 più un Mars al Neverribes.

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