venerdì 1 marzo 2013

THRAPASSHATO REMOTO



 Amethyst – Time of Slaughters
 
Il post al top della pagina Facebook di questo blog ha attrattato i primi curiosi, temerari e spericolati musicisti che hanno avuto la malsana idea di farsi recensire dal giornalista musicale indipendente più antipatico, pignolo e sfacciato del paese. 

Fortunatamente per loro e per me, gli Amethyst propongono un thrash misto con influenze che vanno sul heavy metal classico che non va sottovalutato. 

So che state pensando, la copertina è datata e sicuramente lo sarà anche la musica proposta. Bè è vero, ma volete dirmi che preferite il tatoo-core, le copertine ultra colorate con le checchette isteriche disegnate sopra e che la danno via peggio di una suora che ha appena scoperto che Dio non esiste?
Ve lo dico subito, se non vi piace il thrash di stampo anni 80 potete anche evitare di leggere questa recensione, gli Amethyst non propongono nulla di nuovo e francamente mi sembra anche assurdo aspettarsi qualcosa di innovativo da un gruppo che sin dalla prima traccia fa capire di volersi tenere ben stretti alcuni territori del passato, più stretti di una vecchietta appesa alla maniglia di sicurezza di una Ferrari lanciata ai duecentocinquanta. 

La title track ne è un chiaro esempio, sezione ritmica cavalcante, riff compatti e un ritornello fatto benissimo ne fanno un'ottima traccia, dove la voce che ricorda molto Snake dei Voivod si tiene sempre sullo stesso tono, ma riesce a centrare pienamente il contesto musicale.  
Sebbene non si vada fuori dai classicismi della vecchia scuola, questo non vuol dire che le soluzioni siano banali, basta ascoltare “Entrapped” dove tra cambi di velocità ci sono anche inserti di basso gustosissimi e riffoni più lenti che si inseriscono benissimo nel pezzo.   

Purtroppo dopo questo ottimo episodio arriva il punto debole del disco “Justice is Done”, dove la band perde qualsiasi tipo di energia, il groove fa le valige e va in vacanza stile Mago Merlino ad Honolulu e la voce si disperde fuori da qualsiasi intonazione possibile. Se proprio gli Amethyst dovevano metterla nel disco, avrebbero dovuto metterla alla fine, perchè spezza un sacco le ossa di tutta la produzione. 

Fortunatamente poi si torna a far vibrare le ossicine del collo con “Attitude to Aggression” ed “Explosive Metal Night” che sono due mazzate ben assestate e che ce la mettono tutta a far dimenticare la povera “Justice is Done” con due ritornelli fantastici che difficilmente non vi si stamperanno in testa. 

Dopo la piacevole strumentale “Stone of tears” dove le ottime chitarre ci mostrano cosa sanno fare con un suono più pulito, il disco si chiude con “Welcome to Hell” che purtroppo è penalizzata da un ritornello davvero flemmatico e da un po' di cadute di groove. 

Time of Slaughters è un disco valido e piacevole, ma che purtroppo viene penalizzato da alcune cadute di tono e da una produzione non proprio egregia, ma su questa piaga non voglio girare il coltello, perchè so che in Italia è davvero dura cercare di ottenere un suono fatto bene, visto che qui ai gruppi musicali non li aiuta nessuno e per fare un disco bisogna davvero farsi in quattro.  

D’altra parte la tecnica c’è, le chitarre sono precise e gli assoli di una pulizia cristallina, la batteria da delle legnate assurde e qui non ci sono ne trigger ne altre pugnette quindi rispetto massimo, il basso è presente ed è suonato benissimo e la voce fa un lavoro onesto, a parte un paio di steccate qui e li. Le composizioni ci sono, sono ben organizzate e anche se qui e li c'è qualche caduta non c'è troppa dispersione della musica proposta, cosa che ultimamente nel metal si sta un po' dimenticando, quindi se gli Amethyst si concentrassero di più sulla potenza sonora e sul groove che riescono a trasmettere, magari lavorando anche sui suoni, questi ragazzi potrebbero tirar fuori qualcosa di davvero diabolico.  
 
Voto:

6,5 più una maniglia di sicurezza


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