Amethyst –
Time of Slaughters
Il post al top della pagina Facebook di questo blog ha
attrattato i primi curiosi, temerari e spericolati musicisti che hanno avuto la
malsana idea di farsi recensire dal giornalista musicale indipendente più
antipatico, pignolo e sfacciato del paese.
Fortunatamente per loro e per me, gli Amethyst propongono un
thrash misto con influenze che vanno sul heavy metal classico che non va
sottovalutato.
So che state pensando, la copertina è datata e sicuramente
lo sarà anche la musica proposta. Bè è vero, ma volete dirmi che preferite il
tatoo-core, le copertine ultra colorate con le checchette isteriche disegnate
sopra e che la danno via peggio di una suora che ha appena scoperto che Dio non
esiste?
Ve lo dico subito, se non vi piace il thrash di stampo anni
80 potete anche evitare di leggere questa recensione, gli Amethyst non
propongono nulla di nuovo e francamente mi sembra anche assurdo aspettarsi
qualcosa di innovativo da un gruppo che sin dalla prima traccia fa capire di
volersi tenere ben stretti alcuni territori del passato, più stretti di una
vecchietta appesa alla maniglia di sicurezza di una Ferrari lanciata ai
duecentocinquanta.
La title track ne è un chiaro esempio, sezione ritmica
cavalcante, riff compatti e un ritornello fatto benissimo ne fanno un'ottima traccia, dove la voce che ricorda molto Snake dei Voivod si tiene
sempre sullo stesso tono, ma riesce a centrare pienamente il contesto
musicale.
Sebbene non si vada fuori dai
classicismi della vecchia scuola, questo non vuol dire che le soluzioni siano
banali, basta ascoltare “Entrapped” dove tra cambi di velocità ci sono anche
inserti di basso gustosissimi e riffoni più lenti che si inseriscono benissimo
nel pezzo.
Purtroppo dopo questo ottimo
episodio arriva il punto debole del disco “Justice is Done”, dove la band perde
qualsiasi tipo di energia, il groove fa le valige e va in vacanza stile Mago
Merlino ad Honolulu e la voce si disperde fuori da qualsiasi intonazione
possibile. Se proprio gli Amethyst dovevano metterla nel disco, avrebbero
dovuto metterla alla fine, perchè spezza un sacco le ossa di tutta la
produzione.
Fortunatamente poi si torna a far vibrare le ossicine del
collo con “Attitude to Aggression” ed “Explosive Metal Night” che sono due
mazzate ben assestate e che ce la mettono tutta a far dimenticare la povera
“Justice is Done” con due ritornelli fantastici che difficilmente non vi si
stamperanno in testa.
Dopo la piacevole strumentale “Stone of tears” dove le
ottime chitarre ci mostrano cosa sanno fare con un suono più pulito, il disco
si chiude con “Welcome to Hell” che purtroppo è penalizzata da un ritornello
davvero flemmatico e da un po' di cadute di groove.
Time of Slaughters è un disco valido e piacevole, ma che
purtroppo viene penalizzato da alcune cadute di tono e da una produzione non
proprio egregia, ma su questa piaga non voglio girare il coltello, perchè so che in
Italia è davvero dura cercare di ottenere un suono fatto bene, visto che qui ai
gruppi musicali non li aiuta nessuno e per fare un disco bisogna davvero farsi
in quattro.
D’altra parte la tecnica
c’è, le chitarre sono precise e gli assoli di una pulizia cristallina, la
batteria da delle legnate assurde e qui non ci sono ne trigger ne altre
pugnette quindi rispetto massimo, il basso è presente ed è suonato benissimo e
la voce fa un lavoro onesto, a parte un paio di steccate qui e li. Le composizioni ci sono, sono ben organizzate e anche se qui e li c'è qualche caduta non c'è troppa dispersione della musica proposta, cosa che ultimamente nel metal si sta un po' dimenticando, quindi se gli Amethyst si concentrassero di più
sulla potenza sonora e sul groove che riescono a trasmettere, magari lavorando anche sui suoni, questi ragazzi
potrebbero tirar fuori qualcosa di davvero diabolico.
Voto:
6,5 più una maniglia di sicurezza
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