Suffocation – Pinnacle of the Bedlam
Dopo che i Devourment e gli Incantation sono riusciti a
staccarsi i cateteri e scappare a culo nudo fuori dalla casa di cura dove erano
rinchiusi, ecco che anche i Suffocation provano a tornare sulla scena, dopo il
pessimo Blood Oath, la pubblicità di History Channel, la loro entrata nella
Hall of Fame della musica di Long Island (che è come entrare in quella di
Lizzanu a Mari de Campi Nustri, però per una band death metal è un ottimo
risultato), l’orridimerdabile disco rap di Mike Smith e un paio di video di Frank
Mullen ubriaco che fa il karaoke... Una cosa agghiacciante ovviamente, ma rispetto
massimo perchè Mullen e i Suffocation non sono delle fighette, a loro gliene sbatte
il cazzo di fare il video figo, loro sono brutti ceffi da pub e per questo a me
piacciono.
Questo però non vuol dire che mi debbano per forza piacere
tutti i loro dischi. Diciamoci la verità, dopo Pierced from Within è finita la
festa. Il gruppo si è buttato su altri suoni, più puliti e meno rognosi,
tentando di rinnovare il proprio stile, ma perdendo un po’ della zozza e rozza
cattiveria dei tempi passati. Ero
scettico di fronte a questa nuova creazione della band New Yorkese, ma devo
dire dopo un ascolto accurato del prodotto che...
Porca merdaccia vacca cagna di zolfo amaragnolo.
Il disco si apre in maniera così violenta che sembra quasi
che parte della traccia “Cycles of Suffering” sia stata tagliata apposta per
far cominciare il tutto nel delirio. Ottima opener che presenta uno degli
assoli più allucinanti della storia della band e forse anche del metal estremo.
Si continua con episodi come la bizzarra “Purgatorial Punishment” che colpisce
con degli stacchi davvero particolari, forse un po’ troppo cerebrali, ma
comunque efficaci. Si torna su linee più
canoniche con “Eminent Wrath” e poi si va sul death-ultra tecnico con “As Grace
Descends” dove il main riff è più dispari di una coppia di tre persone. Davvero
un massacro totale, niente da dire, una gran traccia che farà contenti tutti i
vecchiazzi come me, facendoci lanciare in aria le nostre dentiere in segno di
felicità, a mò di cappello da neo-diplomato americano.
Nel disco non mancano
anche un paio di episodi nuovi ai Suffocation, le tracce “Sullen Days” e “Inversion”.
La prima che apre quasi come un pezzo dei vecchi Cynic e si sviluppa su un
ritornello studiato molto bene, la seconda invece che va su dissonanze quasi
post-metal davvero inusuali per la band che mi hanno ricordato i fantastici e
sottovalutatissimi Anata.
Detto questo, il disco purtroppo presenta delle cadute di
tono, prima di tutto la title track che passa un po’ inosservata con dei giri
di chitarra pezzottati e tracce come “My Demise” e “Rapture of Revocation” che
frenano un po’ l’inventiva e la grinta, finendo nel dimenticatoio con delle
composizioni appicicate un po’ a casaccio come gomme da masticare sotto il
banco.
Chiude tutto la ri-registrazione di “Beginning of Sorrow”,
una delle tracce di quella pietra miliare che è Breeding The Spawn. Oltre a
essere un pezzo mostruoso, è anche utile a capire l’evoluzione della band,
anche se fa trapelare un po’ di pigrizia che per carità, dopo vent’anni di
attività e spaccaggio di culi posso anche capire.
Per quanto riguarda la produzione, Pinnacle of the Bedlam
porta avanti lo stendardo della band con suoni cristallini (per il death metal
eh...), precisione chirurgica, riff fatti da melodie oscure e una batteria di
una precisione disumana (Dave Culross dietro le pelli al posto di Mike Smith),
con la voce del mitico Frank Mullen che come al solito fa un lavoro egregio.
Diciamo che dopo il misero Blood Oath i Suffocation
tornano un po’ a fare le cose seriamente, sforzandosi anche di buttarsi su
territori nuovi, ma che ancora non riescono a padroneggiare appieno. A me
sembra che il gruppo stia cercando la totale perfezione del suono per il loro
genere, lottando contro alcuni demoni compositivi che portano le loro
composizioni ad essere eccessivamente complesse e tentando di tornare un po’
alla compattezza dei vecchi tempi. Direi che questo disco è un buon episodio
della loro discografia, chissà se alla loro veneranda età i Suffocation non
riusciranno davvero a fare il disco che hanno sempre sognato di fare.
Voto:
6,5 più il disco rap di Mike Smith
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